0 1 febbraio 2003

Famiglia, il miracolo di Ferrara

Da Cenerentole a protagoniste. È questo il percorso immaginato per le famiglie di Ferrara dalla giunta comunale di centro–sinistra. Per la prima volta in Italia i contributi a pioggia, da sempre strumento privilegiato delle politiche familiari, sono stati sostituiti da finanziamenti per promuovere l’autorganizzazione delle stesse famiglie. Prima dell’estate, sulla falsariga di alcune esperienze europee relative al mondo giovanile, il Comune ha lanciato un bando di concorso dal titolo “La famiglia per le famiglie” per favorire la presentazione da parte di associazioni familiari e da gruppi di famiglie di microprogetti rivolti alle famiglie per attività di tipo innovativo non ancora realizzate nella comunità locale. In particolare il bando intendeva valorizzare, con un contributo fino a 3.500 euro, progetti che sviluppassero strutture e sedi di aggregazione per le famiglie, accrescessero le risorse cittadine di ospitalità e accoglienza di tipo familiare, favorissero la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e le cui idee ispiratrici potessero diventare modello per altri gruppi. Il successo è andato oltre ogni più rosea aspettativa. In soli due mesi sono arrivati 24 progetti, 12 dei quali sono stati prescelti da una commissione esterna all’amministrazione che ha “premiato” coloro che favorivano l’integrazione e garantivano nel tempo una continuità. Sul tavolo dell’assessorato alle politiche familiari sono così arrivate proposte come quelle rivolte alle ragazze madri e alle mamme straniere, l’osservatorio di vicinato per gli anziani, percorsi educativi come quelli su Pinocchio e la storia, una foresteria per famiglie e bambini ospedalizzati, vacanze accoglienza per le famiglie con figli portatori di handicap, un punto di ascolto per le famiglie con figli affetti da autismo, un progetto di dopo–scuola per famiglie in difficoltà, forme di accoglienza familiare multietnica. Tullio Monini, il funzionario dell’assessorato alle politiche per la famiglia responsabile del concorso, dopo la grande fatica non nasconde la sua soddisfazione. “Non era facile”dice “trovare la misura: potevamo infatti ritrovarci con molte cose inutili o con un pugno di mosche in mano. Invece la risposta è stata decisamente soddisfacente segno che è stato recepito lo spirito con cui ci siamo mossi: nessuna volontà di colonizzare o di organizzare dall’alto ma esclusivamente il desiderio che queste esperienze potessero essere conosciute e valorizzate”. Da parte sua il vice sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani ricorda che questa iniziativa si inserisce in un contesto di politiche familiari comunali che ha fatto nascere negli anni passati diversi progetti tra i quali “Un Anno in Famiglia”, ovvero contributi al reddito dei padri e delle madri che scelgono l'astensione dal lavoro fino al compimento del primo anno di età del bambino. “In quell’occasione” racconta “ abbiamo lavorato insieme a diverse associazione costituite in un vero e proprio gruppo di ascolto per cercare di capire e conoscere l’esperienza dei mondi vitali: abbiamo scoperto esperienze di solidarietà che non conoscevano e realtà familiari capaci di condivisione e di speranza. Così quando ci siamo ritrovati con un po’ di risorse in bilancio anziché spenderli secondo le idee dell’amministrazione abbiamo pensato al concorso. Abbiamo coinvolto nuovamente il gruppo di ascolto e le associazioni familiari che hanno fatto da tramite con la città per trovare situazioni di bisogno. Dalle risposte pervenute emerge complessivamente l’idea di una famiglia vivace e capace di progettare anche al di fuori delle mura domestiche”. Per quanto riguarda il futuro il vice–sindaco Tagliani non ha dubbi. “Non solo contiamo di ripetere l’esperienza nei prossimi anni ma vorremmo finanziarla con risorse più consistenti”.§ L’anziano della porta accanto, solo, bloccato in casa dalla malattia o dalla diffidenza verso il mondo esterno, alle prese con difficoltà economiche ma anche incapace di districarsi nel mare della burocrazia, ha, finalmente, compagnia. Succede a Ferrara dove l’Antea (Associazione nazionale terza età attiva promossa dalla Federazione nazionale pensionati della Cisl), che ha partecipato con successo al bando di concorso del Comune, ha avviato un progetto (la sperimentazione durerà fino alla fine del prossimo anno) dal titolo “Famiglie di anziani–anziani per le famiglie”, una sorta di osservatorio di vicinato per monitorare i casi di bisogno nel proprio palazzo o nelle abitazioni limitrofe. L’idea di una rete familiare come antidoto all’emarginazione viene da lontano: già nel 1997, infatti, l’associazione ha condotto una ricerca intervistando famiglie all’interno delle quali c’erano una persona in stato di bisogno e almeno un’altra che l’accudiva, toccando con mano l’esistenza di diffusi disagi psicologici; mentre dal 1999 ha aperto un centro di ascolto che rileva i casi di povertà sommersa. “L’obiettivo del nostro osservatorio” spiega il referente dell’Antea Flavio Rabar “è quello di non lasciare allo sbando quelle famiglie di anziani che esitano ad avere contatti per timore o per non arrecare disturbo, cercando nei limiti del possibile di motivarli ad incontri con altri anziani e stimolandoli a partecipare ad iniziative comuni con altre famiglie, per evitare che il progressivo isolamento abbia effetti negativi anche sulla loro salute. Nella nostra città, infatti è proprio la solitudine la più frequente causa di disagio tra gli anziani (in prevalenza donne): per affrontarla servono interventi mirati e personalizzati (informazioni e servizi) per cercare di contrastare il senso di sconforto che spesso affligge le persone della terza età. In questa prospettiva la principale novità del nostro progetto è un’azione residenziale che consentirà di conoscere in tempo reale emergenze e difficoltà”. Il metodo immaginato dell’osservatorio per risvegliare lo spirito di solidarietà anche tra chi non si interessa direttamente del prossimo, è, per la sua semplicità, quasi “un uovo di Colombo”. “Preliminarmente” spiega Rabar “procederemo a un contatto con le famiglie disponibili che saranno chiamate a un primo incontro di carattere formativo. Le famiglie coinvolte avranno il compito, con il supporto dei volontari Antea, di individuare situazioni di bisogno e di disagio impegnandosi altresì a far capire che il loro impegno è una forma di mutuo aiuto completamente gratuito. In alcuni casi, come quelli legati all’abbandono, si attiveranno in proprio per contribuire a superare le emergenze; mentre i casi più complessi saranno segnalati all’associazione”. “Ci attendiamo” conclude Rabar “il coinvolgimento di molte famiglie con la speranza che si possa aprire uno spiraglio nel muro di indifferenza presente in molte case. Vorrei ricordare che quelli previsti dal progetto sono interventi alla portata di tutti: i nostri vicini con i capelli bianchi, infatti, hanno bisogno, in primo luogo. di essere ascoltati”.§ § Come conciliare la cura del proprio figlio con i tempi del lavoro? Dal Servizio accoglienza alla vita di Ferrara arriva un’idea originale per affrontare un problema, comune a molte donne, ma che nel caso di ragazze–madri o straniere può diventare drammatico fino al punto da mettere a rischio la stessa integrazione sociale. Il progetto SaveBaby, finanziato nell’ambito del bando di concorso comunale “Le famiglie per la famiglia”, punta sul reciproco aiuto tra le mamme in difficoltà. La sperimentazione, durata prevista un anno, avverrà in un appartamento in Corso Porta Po, 81. I locali racchiusi nel complesso dei chiostri di S. Benedetto comprendono un salone grande, una camera adibita ad uso cucina/dispensa e un bagno per handicappati, oltre ad una zona esterna a prato sfruttabile nella stagione estiva. Nei locali saranno disponibili zone dedicate al gioco dei bambini, un’area per la cura dei neonati (cambio pannolini, bagnetto, pappe, biberon) un’area esterna con prato per i giochi all’aperto attrezzata con giochi in plastica e panchine. In questi locali, racconta il presidente del Servizio accoglienza alla vita Marcello Lupi “le mamme assistite dal Sav, a turno e in base alla loro disponibilità seguiranno, assieme alle nostre volontarie, i loro bimbi e quelli delle altre mamme che a causa di impegni di lavoro non possono accudirli in quella determinata fascia oraria. Le mamme che si turneranno nei locali potranno cambiare giornalmente in base ai loro impegni e concederanno parte del loro tempo libero per seguire i bimbi delle altre donne inserite nel progetto”. Per il Sav della città estense, nato nel 1988 ed impegnato su vari fronti (dagli interventi per le gravidanze a rischio a quelli per affrontare i casi di povertà) quella di SaveBaby è una scommessa importante.§ “Vogliamo” anticipa Lupi “aiutare in primo luogo le neo mamme, soprattutto quelle prive di sostegno parentale, nel difficile compito di conciliare la giornata lavorativa con la cura dei figli neonati o dei bimbi in tenera età evitando il pericolo di esclusione dall’attività lavorativa”. Ma non solo. Tra gli obiettivi del progetto c’è anche quello di promuovere iniziative di aiuto reciproco tra nuclei familiari in condizioni disagiate (spesso composti solo da mamma e bambino), soprattutto per ciò che riguarda la cura dei neonati e favorire in questo modo, anche se indirettamente, l’aggregazione sociale di queste famiglie. Per questo, conclude Lupi “insegneremo alle mamme anche l’organizzazione della giornata con il bambino, la relazione con il figlio (verranno svolti corsi sulla gravidanza, l’allattamento, l’alimentazione del neonato, ecc..). Il tutto con la regia di un gruppo di lavoro composto da alcune volontarie, un responsabile operativo, un responsabile di progetto e in appoggio esterno, un’ assistente sociale, una psicologa e un’ educatrice”.