1 7 febbraio 2005

Nuove br alla sbarra

“Nuove Br”, per la prima volta alla sbarra. E’ cominciato ieri a Bologna il processo per l’omicidio di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato il 19 marzo del 2002 a pochi passi da casa. Nell’aula del tribunale vecchio, intitolata a Vittorio Bachelet, si sono ritrovati in due gabbie attigue (una per gli uomini, l’altra per le donne) 4 dei cinque imputati: Diana Blefari Melazzi, Nadia Desdemona Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi. Assenti Simone Beccaccini come pure Cinzia Banelli, che collabora con la giustizia e che verrà invece giudicata separatamente con il rito abbreviato il prossimo 15 febbraio. Il processo, che si svolge davanti alla Corte d’Assise presieduta da Libero Mancuso (giudice a latere Letizio Magliaro) ha preso il via verso le 9.30 tra eccezionali misure di sicurezza. Prima udienza riservata in gran parte alle schermaglie procedurali. Ma poi arriva  il colpo di scena. La Lioce e Morandi annunciano che nessun avvocato dovrà difendere le Brigate Rosse. “Revochiamo gli avvocati difensori compresi quelli d'ufficio e li diffidiamo dal rappresentarci" afferma la brigatista in alcune dichiarazioni spontanee rilasciate fuori dalla gabbia seduta davanti alla Corte. "Non riconosciamo alcuna legittimità a giudicarci alle corti che dello Stato sono i tramiti"aggiunge. La diffida, quasi una minaccia, arriva al termine della lettura di un documento scritto a mano, in stampatello, lungo cinque facciate e qualche riga. Una lettura di 32 minuti, densa di argomentazioni già ribadite in decine di documenti brigatisti e che richiamano il clima cupo degli anni di piombo. I nuovi legali, Barbara Paoletti e Addolorata Pastore 36, chiedono e ottengono i termini a difesa, davanti a un processo scritto in 89 faldoni. La strategia brigatista ha un primo effetto: salta la prevista audizione della 'pentita' Cinzia Banelli, già in calendario per lunedì 14 febbraio. Si farà solo il 21, in videoconferenza. Ma i brigatisti non ci saranno: da sempre rifiutano di incrociare pure solo lo sguardo con la compagna So, la 'pentita'. L'unica eccezione di nullità è stata sollevata, nel corso dell’udienza, dall'avv. Sandro Guerra, legale di Boccaccini: l'avviso di fine indagini e la richiesta di rinvio a giudizio - ha argomentato - furono notificati solo a lui e non al codifensore. Si sono opposti il Pm Paolo Giovagnoli e l'avv. Guido Magnisi, che assiste la famiglia Biagi: entrambe le notifiche furono ripetute e, quindi, nessun diritto della difesa fu violato. Una tesi, quest'ultima, accolta dalla Corte dopo un'ora e 35 minuti di camera di consiglio. Nelle liste dei testi sono spuntati i nomi del ministro del Welfare Roberto Maroni, del sottosegretario Maurizio Sacconi e del capo di Gabinetto, Angela Pria: indicati dall'Avvocatura dello Stato, tutti e tre lavorarono a contatto con il professor Biagi, che era consulente di quel dicastero. L'accusa ha invece citato 162 testimoni, fra i quali diversi ufficiali di polizia giudiziaria che si occuparono delle indagini. In aula parleranno come parti civili anche Marina Orlandi e Francesca Biagi, rispettivamente vedova e sorella del giuslavorista.