0 1 febbraio 2002

La favola di Re Quercia e Regina Margherita

C'erano una volta il Re Quercia e la Regina Margherita, disperati per il fatto di non aver figliuoli. Andavano tutti gli anni (non c'erano ancora per fortuna la fecondazione assistita o l'utero fai da te) ai bagni; voti, pellegrinaggi; vollero provarle tutte: ma nulla giovava. Ma alla fine la Regina fu premiata, rimase incinta e partorì una bambina. Che chiamò Ulivella. § Fu fatto un battesimo di gala; si diedero per comari alla Principessina tutte le fate che si poterono trovare nel paese (ce n'erano dieci): Romana, Rutella, Giuliana, Massimina, Faustina, Piera, Pierluigia, Enrichetta, Clementina e l'immancabile fata Verde perché ciascuna di esse le facesse un regalo; e così toccarono alla Principessa tutte le perfezioni immaginabili di questo mondo. Dopo la cerimonia del battesimo, il corteo tornò al palazzo reale, dove si dava una gran festa in onore delle fate a ognuna delle quali fu data in dono una poltrona della Rai. § Ma mentre stavano per prendere il loro posto a tavola, si vide entrare la vecchia fata Sergina, soprannominata "la cinese" la quale non era stata invitata con le altre, perché da cinquant'anni non usciva più dalla sua torre sindacale. Il Re le propose una comparsata a Domenica in ma non ci fu modo di farle dare, come alle altre, una poltrona della Rai ormai occupata. La vecchia prese la cosa per uno sgarbo, e brontolò fra i denti alcune parole di minaccia. La principessa Ulivella, disse la fata Sergina, si sarebbe bucata la mano con il fuso di Arcore e ne sarebbe morta! A questo punto, la giovane fata Rutella disse forte queste parole: «Rassicuratevi, o Re e Regina; la vostra figlia non morirà: è vero che io non ho abbastanza potere per disfare tutto l'incantesimo che ha fatto la mia sorella maggiore: la Principessa si bucherà la mano con il fuso di Arcore, ma invece di morire, s'addormenterà soltanto in un profondo sonno, che durerà cento anni, in capo ai quali il figlio di un Re la verrà a svegliare». § Il Re Quercia fece subito bandire un editto, col quale era proibito a tutti di filare col fuso di Arcore e di tenere fusi per casa, pena la vita. Passati quindici o sedici anni accadde che la Principessina, salì fino in cima a una torre, dove in una piccola soffitta c'era una vecchina, che se ne stava sola, filando la sua rocca. Questa buona donna di nome Veltrona non sapeva nulla della proibizione fatta dal Re di filare col fuso. «Che fate voi, buona donna?», disse la Principessa. «Son qui che filo, mia bella ragazza», le rispose la vecchia, che non la conosceva punto. § Vivacissima e anche un tantino avventata com'era Ulivella non aveva ancora finito di prendere in mano il fuso, che si bucò la mano e cadde svenuta. Allora il Re, che era accorso al rumore, si ricordò della predizione delle fate: e sapendo bene che questa cosa doveva accadere, perché le fate l'avevano detto, fece mettere la Principessa nel più bell'appartamento del palazzo, sopra un letto tutto ricami d'oro e d'argento. Il Re Quercia ordinò che la lasciassero dormire in pace finché non fosse arrivata la sua ora di destarsi. La buona fata Rutella, che le aveva salvata la vita, condannandola a dormire per cento anni, toccò colla sua bacchetta tutto ciò che era nel castello (compresi il Re Quercia e la Regina Margherita). E tutte queste cose furono fatte in un batter d'occhio; perché le fate sono sveltissime nelle loro faccende.   § In capo a cent'anni, il principe Nannetto andando a caccia in quei dintorni, domandò che cosa fossero le torri che si vedevano spuntare al di sopra di quella folta boscaglia. § Un vecchio contadino prese la parola e gli disse: «Mio buon Principe, sarà ormai più di cinquant'anni che ho sentito raccontare da mio padre che in quel castello c'era una Principessa, la più bella che si potesse mai vedere; che essa doveva dormirvi cento anni, e che sarebbe destata dal figlio di un Re, al quale era destinata in sposa». § A queste parole, il Principe s'infiammò; senza esitare un attimo, pensò che sarebbe stato lui, quello che avrebbe condotto a fine una sì bella avventura, e spinto dall'amore e soprattutto dalla gloria, decise di mettersi subito alla prova. Entrò in una camera tutta dorata, e vide sopra un letto il più brutto spettacolo che avesse visto mai, una Principessa che mostrava dai quindici ai sedici anni, vestita e acconciata come una vecchia nonna. § Si accostò tremando. La Principessa Ulivella si svegliò e disse «Siete voi, o mio Principe? Vi siete fatto molto aspettare!» Il Principe, incantato da queste parole, e più ancora dal modo col quale erano dette, non sapeva come fare a esprimerle la sua grazia e la sua gratitudine. Giurò che l'amava più di se stesso. I suoi discorsi furono sconnessi e per questo piacquero di più: "Altro che buone fate" borbottò: senza di me non vi sareste più svegliata". § E da quel giorno Ulivella e Nannetto vissero felici e moretti.