0 19 marzo 2003

Intervista all'ex segretario di Togliatti Caprara. «Sono stato prigioniero volontario del comunismo»

Massimo Caprara è stato per vent'anni (dal '44) segretario di Palmiro Togliatti e come tale ha vissuto dall'interno gli avvenimenti fondamentali della storia del Pci, avendo anche l'occasione di incontrare i leader del Komintern, da Stalin a Tito. Molotov, Lin Piao, Che Guevara. Deputato dal '54 per quattro legislature, venne radiato dal Pci nel '69 assieme al gruppo del Manifesto di cui è stato uno dei fondatori. Giornalista (era stato il primo redatore capo di «Rinascita» diretta da Togliatti) è stato in molti Paesi come inviato del «Mondo», l'«Espresso», «Tempo illustrato». Autore di numerosi libri e saggi è attualmente collaboratore del «Giornale». Abbiamo intervistato questo «testimone di un'epoca», in occasione di una conferenza organizzata dal Centro culturale Manfredini nel corso della quale il giornalista si è confrontato con un altro «testimone» d'eccezione: il romanziere Eugenio Corti (autore tra l'altro del famosissimo «Cavallo Rosso»).§ Caprara, cosa la spinse verso il comunismo?§ Il fascino universale dell'Ottobre sovietico e quello culturale di Togliatti. In lui intravidi, più che il politico, l'intellettuale capace di pensare al partito anche come un grande fatto di cultura e di affiancare alla politica in senso stretto un impegno sul fronte delle case editrici e dei giornali.§ Esercitare la memoria nei confronti dei fatti della storia recente è solo un esercizio intellettuale?§ È anche quello, ma non solo. Quelli che sono stati comunisti, e in qualche modo hanno rotto col partito, hanno un dovere storico di testimonianza. Questo può servire non soltanto a noi evidentemente, ma anche a coloro che ancora fossero nell'errore a comprendere effettivamente che cosa fu il comunismo. Che non fu soltanto un errore, una forzatura della storia, ma fu senz'altro un grande problema umano. Perché non bisogna confondere il popolo comunista con la nomenklatura comunista: Togliatti non è la stessa cosa dell'elettore comunista.§ Quanto fu ideologico il comunismo di Togliatti? § Il suo comunismo fu molto meno che un'ideologia. Era una forma di marxismo storicistico nel quale si mescolavano Croce, Gentile, il mondo cattolico, Giovanni Giolitti, Guido Cavalcanti. Se si intende per ideologia soltanto un coacervo di norme rigide, Togliatti era il meno interessato a questa concezione. Di quella straordinaria e pericolosa capacità di manipolare storia, cultura e politica non c'è più traccia nei discorsi di D'Alema o Veltroni. Questi ultimi sono a tutti gli effetti professionisti della politica che non hanno più l'afflato, il sentimento e la capacità di ingannare che aveva Togliatti, elementi sostituiti da una forma di elettoralismo e di trasformismo. § Qual è il suo giudizio sugli eredi del Pci? § Per la verità è molto severo. Il mio distacco dal comunismo, distacco anche dalle persone, è un distacco irrevocabile. Perché non è soltanto un distacco politico dal partito, è distacco da tutta la concezione del mondo comunista. Perché oggi il comunismo non è ridotto ad altro che all'omologazione con i partiti del capitalismo, coi partiti trasformisti, coi partiti che hanno come loro obiettivo la trasformazione e il governo. Ma la trasformazione non l'hanno mai fatta, non l'hanno mai seguita, non l'hanno mai potuta registrare anche quando sono stati recentemente al governo nazionale del nostro Paese. E per la verità di tutto il passato è rimasto assai poco. Hanno ereditato le cose peggiori a cominciare dal disprezzo per i propri avversari. Delle idee di Togliatti non è rimasto quasi nulla. § Lei ha conosciuto tanti personaggi, comunisti e non: ci racconta un aneddoto?§ Di Stalin ho un ricordo curioso e grottesco. Una volta ebbi modo di vederlo e di parlargli personalmente. Fu nel marzo del 1950. Togliatti mi chiamò a Mosca per portargli un documento. A un certo punto chiese a me (che avevo solo la giacca) e a Nilde Iotti ( con la pelliccia di zibellino che veniva data alle mogli e alle compagne dei capi comunisti ma poi ritirata prima della loro partenza) di aspettare fuori dalla dacia. Improvvisamente sul viale vidi avvicinarsi Stalin. Mi successe una cosa molto curiosa: il freddo mi costrinse a lacrimare. Stalin si avvicinò e quando mi vide piangere mi battè una mano sulla spalla e mi disse «coraggio», convinto che le lacrime derivassero dall'emozione dell'incontro con lui. Da questo punto di vista io sono stato uno degli uomini che hanno ingannato Stalin senza aver subito conseguenze.§ In occasione delle celebrazioni per il «Mulino» l'ex sindaco di Bologna Zangheri ha ammesso che negli anni cinquanta i giovani intellettuali comunisti condividevano con la Cia la convinzione che il modello sovietico fosse riformabile. Cosa ne pensa?§ Zangheri ha ragione. Persino Gorbaciov, qualche anno più tardi era ancora convinto che il comunismo fosse emendabile. Questo è l'equivoco su cui si è fondata la perestrojka. In realtà il comunismo non è emendabile. È soltanto da abbattere non con la violenza ma con la persuasione e con un'azione che anche nel nostro Paese punti a rendere più sostanziale e compiuta la democrazia.§ Nel XX secolo l'Europa è stata la palestra dove i totalitarismi hanno ingaggiato una lunga partita a braccio di ferro con i lutti e le tragedie che conosciamo. Oggi che le ideologie non ci sono più lei intravede per l'Europa nuovi rischi? § Totalitarismi come quelli di Stalin e del nazismo probabilmente no. L'Europa non è tuttavia al sicuro. E farebbe bene ad attrezzarsi, politicamente e culturalmente, per combattere germi che sono storicamente falliti ma, purtroppo, non ancora morti.§