0 1 ottobre 2000

Un intervento del cardinale Biffi sul primo comandamento. Senza Decalogo è il deserto dell'etica laica

BOLOGNA. L'etica laica? Inconsistente. Da questa premessa è partita la conferenza sul primo comandamento svolta ieri sera dal cardinale Giacomo Biffi chiamato dal Centro San Domenico ad inaugurare un ciclo di incontri sul decalogo. "È difficile" ha spiegato nell'introduzione "vedere la consistenza oggettiva di qualsiasi imperativo etico che non desuma la sua forza da una volontà trascendentale". Dunque, parlare dei comandamenti, significa affrontare, in primo luogo, la questione di Dio. "Se c'è" ha affermato il cardinale "è lui e non io a stabilire cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato. Il che è senza dubbio irritante e spiega perché l'uomo così spesso sogna di essere ateo". Ma la sola ipotesi che Dio non ci sia spalanca una voragine. "Senza Dio l'universo è un deserto e l'esistenza delle cose è un accidente inutile e ingiustificato". Inquadrata così la questione fondamentale, il cardinale si è addentrato nel terreno più specifico del decalogo.§ "Soprattutto all'umanità post-sessantottina, che ha fra i dogmi più venerati della sua cultura quello che "è vietato vietare", i comandamenti riescono particolarmente antipatici, perché sono recepiti come imposizioni arbitrarie". Ma non è raro, ha ricordato "riscontrare un po’ di questa allergia anche nei bravi ragazzi che frequentano le veglie e le letture bibliche e, se ne hanno l'estro, si impegnano anche in qualche esperienza di solidarietà". Il decalogo, ha sintetizzato Biffi, non è altro che "il libretto delle istruzioni" che per gentilezza del Creatore, accompagna la sua opera: "se vogliamo avvalerci senza guai della natura umana che ci è stata elargita, sarà bene conformarci a quanto egli ci dice di fare".§ Gli idoli dell'uomo. Dopo aver definito il primo comandamento come il solo veramente oneroso ("il difficile non è essere onesti, casti e veritieri, ma essere religioso"), Biffi ha stilato una sorta di "catalogo" delle idolatrie della nostra epoca, iniziando da quelle proprie della vita morale dei singoli. "D'istinto noi tendiamo a far coesistere un po' di devozione, di impegno cultuale, di perbenismo liturgico con l'intangibilità dei nostri interessi e con l'esaltazione dei nostri gusti. È così che siamo indotti a costruirci un "Dio a modo nostro", una nostra religione personale". Dal tentativo di far passare di contrabbando le cose che ci stanno più care, "nascono gli idoletti, frutto dell'enfatizzazione indebita di alcuni "valori" che nel disegno di Dio hanno una radicale positività.§ Gli idoli della società. Tre le realtà che corrono il pericolo nel mondo attuale di essere assolutizzate: le leggi economiche, il sesso, i mezzi di comunicazione. Per quanto riguarda le prime il cardinale ha ricordato che "il capitalismo selvaggio, la spinta al consumismo illimitato, l'esorbitanza del potere finanziario non devono diventare divinità intangibili dell'organizzazione sociale". La cultura dominante, annota Biffi, ritiene il sesso una specie di divinità, un assoluto che non ha ragion d'essere oltre il suo stesso esercizio. E una vera e propria sessuolatria che aspira e alimenta l'imperversare di una sessuomania senza freni". Un posto in prima fila, tra gli idoli del nostro tempo, spetta poi ai mezzi di comunicazione sociale: "ciò che oggi importa è che la notizia colpisca e attiri l'attenzione. L'immagine assume sempre più spessore della realtà stessa. Chi non compare mai in televisione, è come se non esistesse, chi compare è considerato per questo un maestro di vita da interrogare e da ascoltare su tutti i temi e su tutti i problemi. Ma non bisogna mai dimenticare che un asino, anche a filmarlo cento volte, non diventa un cavallo".§ Gli idoli della cristianità. La cristianità dei nostri giorni è afflitta, in primo luogo, dalla cronolatria o adorazione dell'attualità. "Oggi" osserva il cardinale "quando si vuole condannare una proposizione, non si dice che è falsa o illogica o errata, si dice che è superata, sorpassata, attardata, vecchia. Non conta tanto la verità, quanto la formulazione recente. Pare che le idee come le uova, debbano essere di giornata". Un secondo idolo dei cristiani è la cosmolatria ovvero l'adorazione del mondo. "Oggi" chiosa Biffi "uno può impunemente parlare male della Chiesa senza avere il minimo fastidio ecclesiale; ma se azzarda a scrivere due righe contro il mondo, deve aspettarsi qualche tiratina d'orecchi anche da parte dei recensori più benevoli e misericordiosi delle nostre riviste pastorali". Un altro idolo è che i cristiani debbano andare d'accordo a qualsiasi costo con tutti. "Basterà a questo proposito notare" ha detto il cardinale "quanto sia antievangelico e rovinoso l'uso assolutizzato del principio che 'bisogna guardare più a ciò che ci unisce che non a ciò che ci divide'. Se ciò che ci differenzia è la divinità di Cristo o la sua resurrezione non è giusto non parlarne più per rispetto dei non cristiani e per amore del quieto vivere".§ In conclusione il cardinale ha ribadito che i dieci comandamenti sono le regole fondamentali del gioco della vita. "Sappiamo bene" ha affermato "che anche in passato gli uomini hanno sempre trasgredito il decalogo, però lo riconoscevano come norma. Il male di oggi è nuovo: è quello di insegnare alle nuove generazioni che i comandamenti non tengono più. E invece tengono ancora per tutti: ammetterlo significa dare ancora un po' di speranza alla famiglia umana". §