0 1 gennaio 2003
“C’è una sola strada per favorire l’integrazione tra culture diverse: quella della conoscenza reciproca”. Ne è convinto il professor Stefano Zamagni curatore, insieme a Carmelo Vigna, del volume “Multiculturalismo e identità” (Edizioni V&P Università, pagine 322, €. 23,20) che raccoglie i contributi di sociologi, economisti, filosofi, antropologi, giuristi (tra i saggi anche quello del cardinale Giacomo Biffi) al convegno promosso nel settembre 2001 dall’Istituto “Veritatis Splendor” di Bologna. “Il libro” spiega l’economista “prende le mosse da un fenomeno inedito. Le migrazioni avvengono sempre più tra regioni del mondo caratterizzate da una diversità di matrici culturali, dove il termine cultura comprende non solo l’aspetto storico o linguistico ma anche l’identità religiosa e i modi sociali di comportamento”. § Da una parte garantire la convivenza pacifica, dall’altra non annacquare le identità. Una “missione impossibile”?§ Fino ad oggi, probabilmente sì. Alla questione sono state date, in linea di massima, due risposte. Secondo la prima strategia, seguita soprattutto dalla Francia nei confronti degli algerini, all’immigrato sono garantiti gli stessi diritti della popolazione autoctona a patto che rinunci alla propria identità culturale. L’altro modello, il melting pot americano, consente all’immigrato di mantenere la propria identità solo all’interno della sfera privata mentre in quella pubblica vigono le regole della società ospitante. Modelli che sembrano avere ormai il fiato corto…§ Di più. Mi sembrano due strategie improponibili: la prima perché offende la dignità della persona, la seconda in quanto ha come conseguenza la balcanizzazione della società, frammentata in tante isole che non comunicano tra di loro e non garantiscono la pace sociale.§ Qual è la “ricetta” rilanciata dal libro?§ Un modello di integrazione fondato su un nucleo di valori accettati da tutti, ovvero di principi, connessi ai diritti fondamentali dell’uomo, che hanno una valenza naturale e non dipendono dalle specificità culturali.§ Come affrontare i valori specifici?§ Attraverso un filtro che misuri il livello della loro tollerabilità, rispettabilità e condivisibilità. Un “modus operandi” che incentiva il dialogo: per attuare questo discernimento, infatti, occorre conoscere che cosa c’è di tollerabile, rispettabile e condivisibile, per esempio, nella cultura islamica o buddista.§ Quali i vantaggi di questa opzione?§ Una forte ricaduta sul piano politico. Attualmente tra gli amministratori, in mancanza di un criterio forte dalla società civile, prevale l’arbitrio: abbiamo così all’interno dello stesso territorio regionale o provinciale politiche buoniste o rigoriste a seconda della coloritura della maggioranza di governo. È un fenomeno preoccupante perché può alimentare pericolose migrazioni interne a scapito della stabilità sociale. Occorre invece avere un criterio unitario e omogeneo anche per decidere l’erogazione di risorse verso ciò che è almeno rispettabile.§ Qualcuno potrebbe obiettare che il nucleo di valori è inaccettabile perché espressione della civiltà occidentale…§ Non è vero che i diritti fondamentali dell’uomo, la vita, la dignità della persona, la parità, sono valori occidentali. Se mai si può osservare che l’Occidente è stato il primo a incorporarli nelle proprie carte costituzionali. Sbagliano allora quanti sostengono che via sia contraddizione, per esempio, tra il Corano e i valori a cui ho fatto riferimento. Dietro questo modo di ragionare ci sono frange interne al mondo islamico che hanno sfruttato l’ignoranza per asservire la componente religiosa alla causa del potere economico e politico.§ Come comportarsi nei confronti di coloro che rifiutano di accettare i diritti fondamentali?§ La mia proposta è quella di una tolleranza condizionata, ovvero un aiuto all’immigrato affinché possa evolversi e, con le modalità tipiche della sua cultura, arrivare a comprendere che certi valori sono davvero universali e, in quanto tali, meta–religiosi. §