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1 novembre 2003
Il tandem Romano Prodi & Sergio Cofferati
Il nuovo Ulivo ripartirà dal tandem Romano Prodi & Sergio Cofferati? È questo l’interrogativo sotteso al seminario che venerdì, con la regia di un instancabile coltivatore d’Ulivo bolognese, vedrà riuniti a Monteveglio, attorno all’ex segretario generale della Cgil, di ferro insieme a pezzi della società civile e ai parlamentari della coalizione. L’obiettivo principale, secondo il pensiero del succitato coltivatore, è quello di “annusarsi”, di capire cioè, traduciamo noi, se due riformismi, quello cattolico dell’area che fa capo al presidente della Commissione europea e quello laico di Cofferati, possano stringere una “santa alleanza” non solo per rilanciare il centro–sinistra ma anche per mettere alle corde quella parte della Quercia “colpevole” di avere affossato il grande sogno del primo Ulivo. §
Il seminario di Monteveglio ci interessa per una serie di ragioni: anzitutto perché convocato, non certo per distrazione, in un luogo legato a filo doppio alla figura di don Giuseppe Dossetti; in secondo luogo perché molti bolognesi (alcuni dei quali coinvolti, con non poche difficoltà a distinguere la scelta religiosa da quella politica, in realtà ecclesiali) sono impegnati in prima persona nel ruolo di “levatrici” della nuova creatura; perché inoltre, come abbiamo appreso anche dalla pagine nazionali di Avvenire che parlano di svolta, c’è la convinzione che con questa iniziativa il del capoluogo emiliano si rimetta in movimento. C’è un ultimo elemento che ci ha spinto a scrivere qualche riflessione: non è improbabile che dall’abbraccio tra i cattolici democratici e la sinistra Ds possa nascere anche il nome del candidato sindaco per le amministrative del 2004. §
Ogni matrimonio, si sa, ha le sue spine. Regola confermata anche per le nozze, ancora allo stato delle pubblicazioni, che potrebbero essere celebrate venerdì prossimo. Vediamo di esaminarne qualcuna. La prima, forse la più preoccupante, è che nel percorso del nuovo soggetto politico, sia pure solo ai primi passi, il pensiero sembra più importante della passione, il cenacolo intellettuale più decisivo del popolo al quale si arriverà, forse, a frittata fatta, la strategia preferita al contenuto. A quest’ultimo è legato il secondo interrogativo. Non ci nascondiamo un po’ di scetticismo sulla reale possibilità dell’area moderata dell’Ulivo di cambiare o contenere un certo riformismo laicista che ha nella Cgil il suo brodo di coltura e in Cofferati uno dei padri putativi. Non ci dimentichiamo, infatti, che in questi anni proprio dal sindacato, già cinghia di trasmissione del comunismo, sono partiti i siluri più pericolosi contro un’idea di società fondata sulla libertà e sulla sussidiarietà: le battaglie contro la scuola libera, l’estensione delle politiche familiari a tutte le forme di convivenza, una difesa estrema della 194 (fino al punto di negarla, alla faccia della coerenza, nella parte in cui promuove la maternità e consente la collaborazione tra consultori e volontariato), un’allergia cronica al crocifisso, una concezione del lavoro rigida e anacronistica non sono solo episodi alla ricerca di un consenso, ma la conferma che per qualcuno il non è ancora caduto. Ci piacerebbe che nel seminario di Monteveglio il confronto su tutto questo non fosse accantonato o rinviato.§
Un’ultima questione: questo matrimonio s’ha da fare? Noi non siamo né don Rodrigo né don Abbondio. Ma un consiglio al che all’incontro sulle colline bolognesi non sarà presente vorremmo comunque darlo. Qualche anno fa a un sacerdote fu chiesto se avrebbe mai preso soldi dal demonio: certo, rispose, se servono a fare del bene e a patto che Satana non mi metta con le spalle al muro. Fuor di metafora, noi crediamo che l’anima centrista dell’Ulivo che verrà, se proprio non potrà fare a meno di Cofferati, dovrà chiedere la pari dignità nel programma di governo come nella scelta del candidato sindaco. Accontentarsi di surrogati o di supplenze, come troppe volte è accaduto in questi anni, equivarrebbe ancora a una volta lasciare campo libero a un riformismo ideologico e intollerante che, ne siamo sicuri, non può essere compagno di viaggio dei veri cattolici democratici come non lo è stato per don Dossetti, che una certa sinistra si ostina reiteratamente a strumentalizzare.§