0 23 marzo 2003

Interviste a Ugolini, Facchini, Porcarelli, Prati

Riforma Moratti: quali le aspettative e i giudizi del mondo della scuola? Lo abbiamo chiesto a monsignor Fiorenzo Facchini, vicario episcopale per la Scuola e l’Università, ad Elena Ugolini, preside del Liceo Malpighi ad Andrea Porcarelli presidente dell’Uciim di Bologna e a Pier Ugo Prati preside dell’Itis Belluzzi.§ § Una vostra valutazione sulla «riforma Moratti»?§ FACCHINI: La riforma può essere valutata positivamente nel suo insieme. Giunge in porto dopo tante vicende delle passate legislature e costituisce una vera svolta nella scuola italiana, anche se per qualche aspetto era già delineata, soprattutto per quanto si riferisce all’autonomia delle istituzioni scolastiche. Sappiamo bene che sul sistema scolastico, anche con esigenze e principi largamente condivisi, c’è un ampio margine di opinabilità, per cui possono esserci aspetti discutibili. Ma intanto è un punto fermo. Certamente molto dipenderà dai decreti attuativi che dovranno essere emanati entro 90 giorni.§ UGOLINI: Ha il merito di affrontare in modo sistematico il tema dell’educazione, dalla materna alle superiori, anche prendendo in considerazione la formazione degli insegnanti e la valutazione del lavoro che si fa a scuola. È la prima volta, da Gentile, che in Italia si fa un intervento che disegni una cornice in cui poi deve articolarsi il lavoro formativo e didattico. La seconda caratteristica positiva è che essendo una cornice dà la possibilità poi alle scuole autonome (statali o non statali) di dipingere il quadro. Mi sembra infatti che vi sia la possibilità di valorizzare tutte le risorse in funzione del miglioramento del nostro sistema formativo. § PORCARELLI: L’impianto complessivo tiene conto della necessità di adeguare il sistema di istruzione e formazione al mutato contesto culturale e - soprattutto - istituzionale, disegnato dall’autonomia delle Istituzioni scolastiche e dalla riforma del titolo V della Costituzione. Si osservano significativi elementi di continuità rispetto al sistema scolastico attualmente operante (riformare non significa «rivoluzionare»), ma anche interessanti elementi di discontinuità. Sarà importante verificare l’effettiva disponibilità dei fondi necessari ad una sua piena attuazione, per ora i segnali in questa direzione non sono incoraggianti.§ PRATI: È una valutazione che non riesco a dare, perché tutto è ancora poco chiaro. Mi piacerebbe poter scendere nei particolari, analizzare i contenuti. Quando vedrò come sono stati strutturati i decreti delegati, potrò dare una valutazione, positiva o negativa. § § Cosa cambia concretamente in meglio per le famiglie e gli studenti?§ UGOLINI: Il primo passo in avanti riguarda il tanto vituperato doppio canale: diversificare i percorsi di formazione dopo i 14 anni. In Italia il 30% dei ragazzi esce dalla scuola senza diploma o titolo di qualifica professionale. Questo significa che vi sono ragazzi che poi «si fanno scegliere» dal lavoro, perché non hanno avuto alcuna formazione. La possibilità invece di diversificare i percorsi cosicché tutti i ragazzi sino ai 18 anni rimangano in un percorso di formazione, è importante. Questo richiede responsabilità, perché occorre disegnare qualcosa che ancora non c’è e riqualificare una scuola professionale in crisi, però è un punto di lavoro importante. Il secondo cambiamento riguarda il fatto che vi sia nella scuola primaria un insegnante prevalente o tutor, che ha un occhio «globale» sul bambino. Il terzo riguarda la valutazione della scuola in un’ottica di «rendere conto dei risultati». Le scuole cioè devono rendere conto del cuore del lavoro che si fa in classe, il rapporto insegnamento-apprendimento. Il fatto che si preveda anche una valutazione degli apprendimenti dei ragazzi è molto positivo.§ FACCHINI: Vi sono novità di non piccolo conto. È importante l’affermazione del diritto-dovere all’istruzione e formazione almeno per 12 anni. Viene così ampliato l’obbligo scolastico previsto dalla Costituzione e viene ridefinito l’obbligo formativo previsto dalla legge 17 maggio 1999.Occorrerà vedere come si intende assicurare tale diritto-dovere. Mi pare sia da sottolineare il doppio canale che si profila dopo la scuola media: il liceo,da una parte, l’istruzione e formazione professionale (di competenza delle Regioni), dall’altra. L’unico liceo con otto indirizzi è una scelta coraggiosa. Riconosce l’esigenza della formazione culturale della persona, modulata in relazione alle attitudini e agli orientamenti, ma non avrà in nessun caso una terminazione professionale. Questa scelta comporta un contestuale impegno delle Regioni. È prevedibile che la quota degli alunni che si rivolgeranno alle strutture regionali per l’istruzione e la formazione professionale aumenteranno. Di sicuro interesse la prevista alternanza scuola-lavoro, come pure la possibilità di piani di studio personalizzati.§ PORCARELLI: Tra i dispositivi organizzativi sembrano promettenti quelli che prefigurano un’effettiva crescita dell’attenzione alla persona (docente-tutor, Larsa, ecc.), sia nei dinamismi dell’orientamento, sia nella personalizzazione dei percorsi di studio. Interessante l’auspicio (della cui efficacia si dirà quando saranno emessi i decreti) di una maggiore integrazione - nel ciclo secondario - tra istruzione, formazione professionale e lavoro, con la possibilità di svolgere (dopo i 15 anni) una parte del percorso in alternanza tra istruzione/formazione e lavoro. § § Quali gli aspetti che dovrebbero essere meglio definiti?§ PRATI: Come preside di istituto tecnico mi chiedo: che fine faranno gli Istituti tecnici? Saranno considerati come gli istituti professionali, oppure «licei tecnici»? Faranno parte dell’«istruzione» o dell’«istruzione-formazione»? Mi sembra che ancora non sia ben definita la differenza tra un istituto tecnico e un istituto professionale.§ FACCHINI: Ci sono vari aspetti per i quali la legge Moratti rimanda ai decreti attuativi. Fra questi segnalerei l’attuazione del diritto-dovere alla istruzione per 12 anni e il rapporto tra sistema scolastico e istruzione e formazione professionale.§ UGOLINI: Penso che lo Stato debba limitarsi a dare una cornice, a fissare le prestazioni essenziali del servizio, però poi deve lasciare grande libertà di iniziativa alle famiglie, agli insegnanti e ai ragazzi. Bisognerà vedere quali saranno i profili di uscita e le indicazioni nazionali che emergeranno con i decreti attuativi, confido che gli uni e le altre fissino i punti fondamentali, senza entrare troppo nel dettaglio. § PORCARELLI: Dissento nettamente dalla scelta di affidare interamente all’Università il governo della formazione in servizio degli insegnanti: è potenzialmente lesiva dell’autonomia professionale della categoria. Discutibile anche la scelta di riservare alle regioni una «quota» di curricolo specificamente definita. Un punto interrogativo quell’anno «integrativo» che dovrebbe consentire il passaggio dalla formazione professionale all’Università.§ § Le scuole non statali di fronte alla riforma sembrano meno frastornate rispetto alle statali. Da cosa dipende?§ UGOLINI: Dipende dalla filosofia che guida la riforma che è quella di fornire una cornice che poi deve essere riempita dalle scuole. Le scuole non statali infatti hanno sempre esercitato al massimo la possibilità di creare un percorso formativo originale e rispondente alle necessità degli studenti. § PORCARELLI: Non mi sembra che l’attuale legge di riforma contenga novità di rilievo per le scuole non statali, che ancora attendono una piena attuazione della parità . Si può supporre che molte scuole elementari e medie abbiano tirato un «sospiro di sollievo» all’idea di non essere più costrette ad adeguarsi alla coartante architettura prevista dalla Legge 30/2000. Le scuole cattoliche dovrebbero migliorare la loro capacità di operare in una logica di rete, per non rischiare di trovarsi inadeguate rispetto ad alcune delle nuove sfide (i passaggi interni al sistema di istruzione e tra istruzione e formazione professionale, per esempio) con il rischio della sopravvivenza dei soli soggetti «forti». § FACCHINI: La legge di riforma non tocca il problema della parità. Ma la nuova scuola non comporta modificazioni strutturali nella durata dei cicli, come invece la legge precedente. Per qualche aspetto i problemi sono minori.§ PRATI: Evidentemente sono più frastornate le scuole statali, perché di scuole non statali di tipo tecnico ce ne sono molto poche. In generale le scuole non statali sono perlopiù licei, e con la riforma la differenza per i licei è più chiara. Noi non sappiamo che fine faremo, per questo siamo frastornati.§ § Come giudicate la proposta di legge regionale che ha rinunciato a porsi in alternativa al sistema nazionale?§ PORCARELLI: L’idea di una «controriforma» regionale sarebbe stata dannosa e sciagurata: la scuola è parte di un «bene comune» che appartiene a tutti e sarebbe bene che rimanesse fuori di diatribe troppo faziose. L’idea di costruire percorsi integrati tra sistema scolastico e formazione professionale, anche se viene presentata come «alternativa» alla legge delega, non si pone in contrasto sostanziale con essa, purché non abbia un effetto di eccessiva selezione degli incentivi. Interessante e condivisibile appare l’idea di rimandare alle scuole autonome quella parte del «curricolo locale» che sarà data facoltà alle Regioni di determinare. Dobbiamo mettere in conto che la transizione da un sistema fortemente centralistico a un «sistema delle autonomie» comporterà difficoltà di assestamento ed una non sempre piena «sincronizzazione» dei provvedimenti dei diversi legislatori. § PRATI: Si fanno proposte, si fissano criteri generali, ma poi quando si va a concretizzare può saltare fuori di tutto. Anche qui vorrei vedere il risultato finale. § UGOLINI: Mi sembra che questo sia un grande passo in avanti. La scuola infatti non ha bisogno di una lotta tra fazioni. Quello che auspico (e spero sia l’intento dell’assessore Bastico) è cominciare a lavorare per costruire e non per distruggersi a vicenda. Giustamente la Bastico afferma che occorre fare riferimento a un quadro nazionale e che non si vuol fare una scuola regionalista. Allo stesso tempo è importante che tutte le energie anche all’interno della regione siano spese per costruire una realtà scolastica migliore, tenendo conto magari delle nuove possibilità: ad esempio quella di costruire percorsi di formazione professionale qualificati. § FACCHINI: Per vari aspetti l’iniziativa della Regione è assai tempestiva, forse troppo, in assenza dei decreti attuativi della riforma. Certamente è da rilevare l’attenzione alle esigenze formative in tutto l’arco della vita. Il principio di favorire i passaggi dal sistema scolastico dei licei a quello dell’istruzione e formazione professionale, di competenza delle Regioni, e viceversa, è molto importante nella prospettiva di un prolungamento del periodo di istruzione e formazione ed è previsto esplicitamente nell’art. 2 della legge Moratti. Il progetto prevede curricoli biennali integrati per il primo e secondo anno dell’istruzione secondaria superiore. Questa linea merita particolare attenzione. Che cosa si intende con integrazione e come verrà attuata? Occorre una precisazione a questo riguardo. Come pure è importante che la Regione precisi come intende muoversi nel campo dell’istruzione e formazione professionale che sono di sua competenza. Quale istruzione professionale? In particolare, per quanto si riferisce al rapporto con i licei, come potranno attuarsi? Con quali soggetti per parte della Regione? Il progetto parla di finanziamenti prioritari per percorsi di formazione professionale iniziale che si realizzano nel biennio integrato. Ciò significherà dei tagli alla formazione professionale che non entra nei curricoli integrati? Ciò non sarebbe nella linea di offrire reali opportunità a tutti i cittadini.§